mercoledì 13 aprile 2016

Ambrogio Fogar e Guglielmo Spotorno: storia di un’amicizia - Nuove lettere dalla "Zattera" e dall'oceano


Celle Ligure, 19 marzo 2016.

Quando si esce dall'autostrada e si incomincia a scendere lungo i tornanti che conducono a Celle Ligure lo senti subito. È l’odore del mare, inebriante e inconfondibile, che ti attrae come il canto delle sirene di Ulisse. Un odore capace di stregare soprattutto chi viene da una grande città come Milano e magari ha l’ambizione, o l’incoscienza, di voler diventare un marinaio vero, di quelli che con la barca a vela solcano le onde dell'oceano alla ricerca di avventure e sfide mai vissute e solo sognate guardando l’acqua dei navigli che scorre placida tra due lingue di asfalto.

Ambrogio Fogar, il “marinaio” milanese, ci piace pensarlo così mentre guarda il mare per la prima volta, con lo stesso sguardo con cui si guarda la persona di cui ci si è appena innamorati. Percorrendo la via che costeggia il mare, con le spiagge a sinistra e le colline verdi sulla destra, risaliamo nell'entroterra di Celle Ligure per raccontare la storia di un’amicizia, quella tra Ambrogio Fogar e Guglielmo Spotorno. È un’amicizia che nasce e si sviluppa prima che Fogar diventasse il Fogar che tutti noi conosciamo e che Guglielmo Spotorno ci racconta con passione, nello studio della sua casa, circondato da parecchi quadri, molti dipinti da lui, e molti di artisti famosi. Sul grande tavolo c’è un grosso volume con la copertina verde che custodisce una (piccola!) parte dei suoi ricordi, tasselli di una vita ricca, intensa e costellata da avvenimenti e incontri importanti. Una vita che meriterebbe anch'essa di essere raccontata. Come quella di Fogar.

Sull'onda dei ricordi compiamo un viaggio che inizia a Milano verso la metà degli anni Sessanta. Siamo nel pieno del boom economico. Le famiglie riscoprono la gioia di vivere e di spendere e, insieme al frigorifero, uno degli oggetti più desiderati è sicuramente l’automobile. Percorrendo Viale Fulvio Testi non si poteva allora non imbattersi nel concessionario di automobili FIAT di Franco Spotorno, già Presidente dell’Associazione Sportiva Automobilisti Italiani (http://www.guglielmospotorno.it/famiglia.html).

Qui vi lavora anche il figlio Guglielmo e insieme a lui un giovanotto elegante, vestito con giacca e cravatta, ben pettinato e con gli occhiali. Si tratta del giovane Ambrogio Fogar assunto come venditore di automobili. Un’immagine molto diversa, ma non per questo meno vera, da quella del navigatore/avventuriero/esploratore che avremmo avuto modo di conoscere negli anni successivi. Sembrava un impiegato della City dice sorridendo Guglielmo Spotorno.

(da sinistra Ambrogio Fogar, Guglielmo Spotorno e Guelfo Azzoni. Per gentile concessione Guglielmo Spotorno, http://www.guglielmospotorno.it/io-e-il-mare.html)

Guglielmo e Ambrogio diventano subito amici. Non c’è da un lato il figlio del padrone e, dall'altro, il dipendente. Il loro non è un rapporto di subordinazione. È un’amicizia vera tra due giovani che si alimenta di lunghe chiacchierate, affetto e tempo trascorso insieme.

Le loro giornate sono scandite da riti che ritornano ogni giorno, uguali e differenti al tempo stesso. Verso le 10.30 - 11.00 è il momento del panino, consumato sempre nella stessa salumeria di Piazzale Istria dove i due divorano il panino al prosciutto crudo e insalata russa preparato dal gestore, un certo Barbati, che faceva ancora la maionese in casa. E poi ci sono le sfide, tante sfide consumate al Campo Pirelli che il custode apre loro dopo aver ricevuto in cambio una bella mancia. Si corrono i 50 e i 100 metri, si fanno le flessioni, si gioca a braccio di ferro, si gareggia per vedere chi riesce a fare più addominali.

Fogar non è uno sportivo professionista, ma in quelle sfide ci mette l'anima e tutta la sua energia. Non è bravo a giocare a tennis, ma corre come un pazzo da una parte all'altra del campo. Non è un campione a giocare a calcio, ma sta alle costole dell'attaccante avversario senza mollarlo mai un secondo. L'atmosfera alla concessionaria è piacevole e le giornate  trascorrono in allegria. Talvolta passano anche personaggi famosi come Renato Pozzetto o Enzo Jannacci. Con quest'ultimo, in particolare, capita sempre l'occasione di affrontare nuove sfide, questa volta di velocità. La Daimler 8 cilindri a V del cantante/medico è una freccia quando si gareggia partendo come razzi da un semaforo per vedere chi va più veloce!

Sono gli anni in cui Fogar, oltre alla propensione per le sfide, inizia a sentire il fascino del pericolo e del rischio. Guglielmo Spotorno lo definisce un "improvvisatore del rischio" proprio perché Fogar, pur non essendo un professionista in tante discipline, vuole affrontare ogni tipo di prova. Non sono rare le volte che i due, nel bel mezzo della notte, decidono di andare lungo l'Adda o in Brianza per trovare qualche ponte da cui tuffarsi. Fogar non è un nuotatore provetto come Spotorno che aveva partecipato con successo ai Campionati Italiani. Nuota ancora alla marinara, ma non per questo si tira indietro, anzi... Che dire poi dei voli effettuati dall'aeroporto di Bresso con Fogar che cede all'amico i comandi per fargli provare l'ebbrezza di pilotare un aereo...

Poi, a un certo punto, nasce l'amore per il mare. Fogar inizia a frequentare la scuola di vela di Torbole, sul lago di Garda, una vera e propria palestra per tutti i velisti. Di lì a poco anche Spotorno lo seguirà.

I due condividono questa passione e si ritroveranno spesso a veleggiare insieme, magari al largo di Varazze. In queste traversate avranno modo di apprezzare due aspetti del navigare a vela: il silenzio, con l'acqua che scivola veloce e leggera sotto la chiglia e il tempo In barca non si guarda l'orologio, non si sa quando si parte e quando si arriva, perché tutto dipende dal vento, dalla sua forza e dalla sua direzione. Senza dimenticare poi la pace e l'atmosfera del dormire in rada cullati dalle onde.

Una passione questa della vela che porterà Fogar a invitare l'amico alla traversata dell'Atlantico. Spotorno però ha già tre figli e non è il caso di imbarcarsi, è proprio il caso di dirlo, in un'avventura del genere. Fogar, invece, si è appena sposato con l'amore della sua vita, Maria Teresa, ma non ha ancora figli e decide dunque di affrontare comunque la traversata dell'Atlantico.

Poi qualcosa si spezza. L'amicizia tra i due finisce per una serie di motivi e le strade della loro vita prendono direzioni differenti. Fogar diventa il personaggio pubblico che tutti noi conosciamo, ma anche la fama raggiunta non riesce a cancellare il ricordo di una straordinaria amicizia.

I due si rivedono qualche anno dopo. Sono seduti fuori dalla concessionaria dove hanno lavorato insieme. Si siedono su un cordolo costruito per impedire che le acque del Lambro, in caso di esondazione, finiscano nell'officina. Dovrebbe essere l'incontro della riappacificazione, ma tutto resta come sospeso, irrisolto. Promesse di risentirsi, di rivedersi, ma nulla di più che semplici parole.

L'amicizia però, quando è vera e forte, è un sentimento che ritorna con insistenza, spesso alimentata dal ricordo. E le lettere sono il mezzo attraverso il quale Fogar cerca di riannodare questo legame ormai spezzato, anche e soprattutto quando è lontano da Milano, in mezzo all'Oceano.

La prima lettera, ancora inedita, è del 28 luglio 1972 ed è stata scritta l'ultima notte della traversata dell'Atlantico. È una notte benedetta scrive Fogar, piena di stelle a ovest e con il plenilunio di fronte. Sotto la barca il mare respira appena e Fogar scrive all'amico:

"Voglio dirti che ti voglio bene, che mi dispiace di come si siano messe le cose tra noi, che la situazione, certamente per incuria e non per malafede, è sfuggita dalle mani ed è caduta nel ridicolo. [...] Penso di tornare a Milano arricchito di una umiltà che non avevo, ed è in nome di questa umiltà che ti chiedo di lasciar perdere, se vuoi, quello che di sgradevole c'è stato."

(per gentile concessione Guglielmo Spotorno)

La seconda lettera (inedita anche questa) Fogar la scrive quando è impegnato nel giro del mondo in barca a vela. La data è quella del 23 dicembre e viene spedita da Rio de Janeiro:

"Caro amico, il mare, ma meglio l'oceano, mi fa l'effetto di pulizia e semplicità, ed è così, spero, che mi ripresento a te dopo quella lontana mia lettera. I nostri momenti migliori sono stati appunto sul mare e nello sport: era qui che parlavamo bene e che ci intendavamo, raccontandoci, più te che io, le nostre cose della vita, ed io ti ascoltavo volentieri, arricchendomi della tua intelligenza e della tua voglia di vivere. Poi è cambiato, forse per sempre, qualche cosa, ma mi pare giusto segnalarti che in assoluto, cioè al di fuori delle regole, ti sono amico e ti voglio bene".



(per gentile concessione Guglielmo Spotorno)

Anni dopo, in maniera del tutto inaspettata, è un'altra lettera di Fogar ad arrivare a casa di Guglielmo Spotorno. Questa volta in maniera ancora più incredibile. La data è quella del 13 febbraio 1978 ed è scritta su carta marina. Viene direttamente dalla zattera su cui Fogar e il giornalista de La Nazione Mauro Mancini sono andati alla deriva per ben 74 giorni dopo che la barca sulla quale viaggiavano è naufragata a causa dello scontro con un branco di orche al largo delle coste argentine. Conservata in un bussolotto e recuperata durante il salvataggio, la lettera viene portata in Italia dal giornalista della RAI Paolo Frajese a cui Fogar l'affida dopo essere stato portato a Città del Capo dal mercantile greco Master Stefanos.
Si tratta di una vera e propria lettera testamento, scritta quando Fogar pensa di morire e con la quale chiede all'amico di conservare un buon ricordo di lui e di stare vicino alla moglie Maria Teresa che, a causa della sua stupidità, ora rimarrà sola per sempre. Insieme a questa lettera ce n'è una di accompagnamento che riporta la data dell'8 maggio 1978.

(per gentile concessione Guglielmo Spotorno)

Ecco alcuni passaggi molto significativi e toccanti della lettera scritta sulla zattera in cui si avverte la forza di un'amicizia che, nonostante tutto, resiste anche alle onde dell'oceano:

"Caro Guggiotto, è una lettera inaspettata vero? Ma anche io non aspettavo di morire così in un improvviso che ormai dura quasi un mese, eppure così certo!
Surprise è affondato attaccato da un branco di orche il 19 gennaio ed io sono ancora qui debole come un soffio e magro come un crocifisso! Ma non è per questo che ti scrivo. È per dirti che sono pieno di rimpianto per non aver trovato il modo, la voglia e il tempo di trovare una spiegazione con te, spiegazione che solo in apparenza (almeno per me) è data per scontata. Per un periodo, lungo e pieno della mia vita sei stato il mio grande amico, il bonario rivale nello sport e nelle prove di forza (ma vincevi quasi sempre tu!) e l'alter ego nei confronti ben più seri ed importanti dello spirito.
Se non mi toccasse di morire, avrei voluto, (non sapevo quando), cercare di certo, con insistente umiltà e buona volontà di riavvicinare le nostre vite, per programmi semplici ma veri".



(per gentile concessione Guglielmo Spotorno)

Qualche mese dopo, quando Fogar si è ormai ripreso dalla tragedia del naufragio, invia all'amico un'altra lettera datata 25 maggio 1978 a cui allega la fotocopia di una lettera inviatagli dal famoso scalatore Walter Bonatti. Un ulteriore tentativo di ritrovare la sintonia di un tempo.

Scrive infatti Fogar:

"Caro Guglielmo,
ti mando la fotocopia di una lettera  che mi ha scritto Bonatti. So come lo stimi e vorrei che la sua testimonianza ci aiutasse a ritrovare un poco della sintonia passata. Ti saluto e a presto."

(per gentile concessione Guglielmo Spotorno)

Ecco invece la lettera scritta da Bonatti come riportata sul settimanale Epoca e datata 17 maggio 1978 in cui il celebre alpinista racconta a Fogar una vicenda simile da lui vissuta ed esorta l'amico a non arrendersi di fronte al mare di polemiche che lo sta investendo per la morte di Mancini.
(per gentile concessione Guglielmo Spotorno)

Guglielmo Spotorno non risponde a queste lettere. Ci sono sentimenti, emozioni e motivazioni che si nascondono dentro il cuore di ognuno di noi e che, come tali, vanno rispettati.
Fogar continuerà le sue avventure, Spotorno la sua vita fatta di lavoro, soddisfazioni e passione per la poesia e la pittura.

La vita, però, non è generosa con Fogar quando il 12 settembre 1992, a causa di un incidente automobilistico nel deserto del Turkmenistan durante una tappa del rally Parigi-Mosca-Pechino, gli presenta un conto salatissimo. La rottura della seconda vertebra cervicale lo condanna alla paralisi, quasi una beffa del destino per chi ha dedicato la sua vita alla sfida e all'avventura senza mai fermarsi.

Immobilizzato sul letto Fogar deve così affrontare la sua ultima grande sfida. Non può più scrivere lettere, ma parlare al telefono questo sì. E dall'altra parte della cornetta ascoltare (finalmente) ancora una volta la voce del suo amico Guglielmo con cui ha trascorso gli anni più belli della sua gioventù.


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